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sito a cura di Renzo Rivalta
ingegnere RSPP
Il materiale é fornito a solo scopo didattico
Sentenze Cassazione sul Dirigente e sul Preposto
Cass. pen. Sez IV, Sent n. 14192 del 21 aprile 2006
Il caposquadra va inquadrato nella figura del preposto perché rientra nei suoi compiti dirigere e
sorvegliare il lavoro dei componenti la squadra - definizione del termine «sovraintendere», posizione di preminenza
In una più recente sentenza la cassazione ha modo di esprimersi ancora sulla figura del preposto.
In particolare, il caso riguarda un soggetto imputato del reato di lesioni colpose (in particolare il fatto di non aver vigilato sul fatto che
l'operaio a cui aveva dato l'ordine di trarre dei cunei di legno da un asse facesse uso dello "spingi pezzo" avrebbe
causato allo stesso la perdita di un dito della mano) in violazione alle
norme sulla sicurezza, ricorrente in cassazione lamentando, fra l’altro, l’erronea attribuzione del ruolo di
preposto da parte della Corte d’Appello.
Si deduce dalla sentenza che a dire del ricorrente “la corte avrebbe fatto confusione tra le qualifiche attribuitegli,
equiparando la figura dell’assistente a quella del preposto ed a quella del caposquadra: mentre l’assistente di cantiere,
munito di procura, può essere assimilato al preposto, tale non potrebbe essere considerato il caposquadra,
«operaio fra operai, senza obbligo di vigilanza sull’osservanza delle norme di sicurezza»” Inoltre rilevava
il ricorrente “che nel cantiere di piazza ...omissis..., dove avvenne l’incidente, vi erano al lavoro decine di operai,
tutti ...omissis... specializzati e di lunga esperienza, con due capisquadra e probabilmente un vero assistente che
sorvegliava le operazioni in sotterraneo, per cui esso ricorrente non aveva compiti di vigilanza, né avrebbe potuto
in concreto sorvegliare in ogni istante i suoi compagni di lavoro.”
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, fornisce utili chiarimenti:
“il ricorso propone la questione relativa all’applicazione dei doveri inerenti alla posizione di garanzia rispetto
agli infortuni intercorsi nell’ambiente di lavoro che é stata novellata dai citati decreti legislativi per rendere
uniforme la normativa italiana risalente alla legge antinfortunistica del 1955 e del 1956 ai principi della normativa
europea. In particolare con le innovazioni apportate al testo del 1994 dal decreto legislativo del 1996 si sono
distinte le funzioni e la posizione di garanzia che é propria del datore di lavoro e non é delegabile a terzi dalle
funzioni delegabili (art. 1 comma, 4 ter). In questo modo si sono enucleati degli obblighi così ontologicamente
connessi alla funzione propria ed alla qualifica del datore di lavoro da renderli assolutamente insuscettibili
di traslazione su altri soggetti, sia pure prescelti ed espressamente delegati dal titolare. Si tratta dei compiti
di valutazione dei rischi connessi all’attività d’impresa di individuazione delle misure di prevenzione e dei mezzi
di protezione, di definizione del programma per migliorare i livelli di sicurezza, di fornitura dei dispositivi
necessari di protezione individuale, di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Il datore di lavoro non é tenuto ad elaborare personalmente il piano di sicurezza, ma dovrà scegliere gli esperti
che lo faranno, fissando i tempi ed i modi delle forme di controllo della loro attività, senza rimettere ad altri
l’incarico di assumere questa iniziativa ed una volta ottenuto il piano dovrà reperire le risorse, organizzare le strutture
e distribuire i compiti fra i suoi collaboratori per renderlo operante. Accanto al datore di lavoro sono menzionati
dal decreto i dirigenti ed i preposti, dei quali non si da una espressa definizione, per cui tali qualità discendono
dalla loro posizione assunta all’interno delle singole aziende o enti.
Venendo a considerare la figura dei preposti perché il ricorrente, caposquadra, non aveva senz’altro una posizione
dirigenziale e contesta di poter essere considerato preposto, la nozione si ricava dall’art. 4 bis che riprende il
concetto contenuto dell’art. 4, del D.P.R. n. 547 del 1955 e del D.P.R. n. 303 del 1956, definendoli come i soggetti
che sovraintendono all’espletamento delle attività soggette alla normativa prevenzionale. Con il termine «sovraintendere»,
secondo il concorde orientamento della dottrina e della giurisprudenza, si indica l’attività rivolta alla vigilanza sul
lavoro dei dipendenti per garantire che esso si svolga nel rispetto delle regole di sicurezza. Non spetta al preposto
adottare misure di prevenzione, ma fare applicare quelle predisposte da altri, intervenendo con le proprie direttive
ad impartire le cautele da osservare Con il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 90 del, così come modificato dal D.Lgs. n.
242 del 1996 é stato ampliato il precetto prevenzionale diretto al preposto, ma perché possa essere chiamato a
risponderne in concreto occorre che utilizzando il criterio guida dell’effettività egli abbia in concreto il potere
di intervenire nei compiti precettati, per cui l’area della sua responsabilità viene circoscritta dagli effettivi
poteri a lui spettanti, indipendentemente dalle più ampie indicazioni normative.
Nel caso di specie il caposquadra va inquadrato nella figura del preposto perché rientra nei suoi compiti dirigere
e sorvegliare il lavoro dei componenti la squadra.
Al lavoratore era stato ordinato dal caposquadra di trarre dei cunei da un’asse di legno, operazione che necessita
dello spingi pezzo onde impedire lesioni alle mani. Si tratta di una dotazione obbligatoria che va fornita dal
datore di lavoro, ma l’imputato non ha sollevato obiezioni circa la possibilità di disporre di tale strumento.
Trattandosi di un’operazione espressamente ordinata dal preposto il controllo della stessa era di sua competenza
e se vi fosse stata una qualche difficoltà nel reperimento dello spingi pezzo avrebbe dovuto preoccuparsene o
sospendere l’operazione stessa, essendo suo compito quello di fornire ai lavoratori i mezzi di protezione o di
farne richiesta al datore di lavoro ed al responsabile del piano di sicurezza, quantomeno nell’ambito delle
attività lavorative di sua competenza.
Non può, pertanto sfuggire alle sue responsabilità il soggetto che avendo il potere di ordinare un tipo di
lavoro non controlli che questo sia compiuto secondo le norme antinfortunistiche. In caso contrario verrebbe
meno un anello della catena organizzativa, essendo impossibile per chi non si trovi sul posto di lavoro effettuare
tale controllo che costituisce una delle attività più importanti tra quelle dirette ad evitare gli infortuni.”
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