menu di
|
sito a cura di Renzo Rivalta
ingegnere RSPP
Il materiale é fornito a solo scopo didattico
Sentenze Cassazione sul Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
Cass. pen. Sez. IV, Sent. n. 11492 del 11 marzo 2013
La responsabilità del RSPP risiede nella negligente sottovalutazione
dei rischi
«nella qualità di responsabile
del servizio di prevenzione
e protezione, era tenuto non solo a segnalare l'effettività del rischio ma anche a proporre concreti
ed idonei sistemi di prevenzione e protezione per evitare gli eventi, come quello verificatosi.»
Gli ermellini specificano che con la sentenza di merito non viene posto in discussione il principio della non sanzionabilità
del RSPP in quanto soggetto non titolare
di alcuna posizioni di garanzia in materia antinfortunistica e nemmeno viene posto in discussione il fatto che questi
operi quale consulente del datore di lavoro il quale resta obbligato ad assumere tutte le iniziative idonee a
neutralizzare le situazioni di rischio. Nemmeno la designazione del RSPP operata a cura del datore di lavoro
«equivale a "delega di funzioni" utile ai fini dell'esenzione del datore di lavoro da responsabilità
per la violazione della normativa antinfortunistica, perché gli consentirebbe di "trasferire" ad altri -
il delegato - la posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori.
Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore dì lavoro in quanto ex lege onerato dell'obbligo
di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all'espletamento dell'attività lavorativa.»
Secondo la Suprema Corte il RSPP è privo di capacità operative sulla struttura aziendale,
spettandogli solo di prestare "ausilio" al datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio
delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza, mentre il datore di lavoro rimane titolare della posizione
di garanzia con l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare
il documento contenente le misure di prevenzione e protezione, in collaborazione con il RSPP.
Rileva pure la Suprema Corte che «la normativa di settore, mentre non prevede alcuna sanzione penale a
carico del RSPP, punisce direttamente il datore di lavoro già per il solo fatto di avere omessa la valutazione
dei rischi e non adottato il relativo documento.»
Fermo restando l'indiscussa responsabilità del datore di lavoro derivante dalla persistente posizione di garanzia
non può essere esclusa «una (concorrente) responsabilità del RSPP.
Anche il RSPP, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa e quindi non può direttamente intervenire per
rimuovere le situazioni di rischio, può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni
qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di
conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del
datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione (v. in tal senso Sez. 4,
21 dicembre 2010, Di Mascio, rv. 249626,ed i riferimenti in essa contenuti).»
La Suprema Corte, pertanto conferma il principio secondo il quale il RSPP non può essere chiamato a rispondere per
il solo fatto di non avere svolto adeguatamente le proprie funzioni di verifica delle condizioni di sicurezza,
per la mancanza di una espressa sanzione nel sistema normativo. Tuttavia, anche se la normativa di settore esclude
la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del servizio di
prevenzione e protezione «non significa che questi componenti possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente
esonerati da qualsiasi
responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell'ambito dell'incarico ricevuto.
Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione
di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano
verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. Ne consegue che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento
sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere
l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell'evento dannoso derivatone,
essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura
esclusivo (Sezione 4, 15 luglio 2010, Scagliarini).
Ciò perché, in tale evenienza, l'omissione colposa al potere-dovere di segnalazione in capo al RSPP,
impedendo l'attivazione da parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di intervento, finirebbe
con il costituire (con)causa dell'evento dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione della condizione
di rischio: con la conseguenza, quindi, che, qualora il RSPP, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o
inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una
situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l'adozione di una doverosa misura
prevenzionale, ben potrebbe rectius, dovrebbe essere chiamato a rispondere insieme a questi in virtù del
combinato disposto dell'art. 113 c.p., e art. 41 c.p., comma 1 dell'evento dannoso derivatone.
La decisione impugnata è, pertanto, in linea con i principi sopra indicati, avendo la Corte di merito
apprezzato che l'incidente si verificò per evidenti carenze dell'apparato elettrico, il cui rischio non era
stato idoneamente in luce dal» responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
|