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sito a cura di Renzo Rivalta
ingegnere RSPP
Il materiale é fornito a solo scopo didattico
Sentenze Cassazione sul luogo di lavoro del lavoratore
Cass. pen. Sez. IV, Sent. n. 19553 del 18 maggio 2011
Per luogo di lavoro, tutelato dalla normativa antinfortunistica, deve intendersi qualsiasi posto in cui il lavoratore acceda,
anche solo occasionalmente, per svolgervi le mansioni affidategli, e che nella ratio della normativa antinfortunistica,
il riferimento ai "luoghi di lavoro" ed ai "posti di lavoro" non puo' che riguardare qualsiasi posto nel quale concretamente
si svolga l'attività lavorativa
... In realtà, osserva questa Suprema Corte che nulla rileva, ai fini della verifica delle
responsabilità dell'odierno imputato, in relazione alla contestata violazione di norme antinfortunistiche,
che il manufatto nei confronti del quale è stato disposto l'intervento del …omissis… fosse di pertinenza
della …omissis… ovvero di terzi; così come nulla rileva la ragione per la quale allo stesso lavoratore è
stato dato incarico di portarsi nello stabilimento della società possibile committente.
Ciò che rileva è che il lavoratore si è recato presso lo stabilimento di detta società su ordine impartitogli da
chi evidentemente ricopriva, all'interno dell'azienda, un ruolo che gliene dava facoltà e che egli si sia infortunato
mentre era intento a svolgere il compito assegnatogli.
Nè può sostenersi, con il giudice del gravame, che le norme poste a tutela dei lavoratori dai rischi di caduta dall'alto - laddove
i lavori si svolgano ad altezza dal suolo superiore ai due metri - riguardino solo il luogo ove usualmente si svolge l'attività
aziendale. In realtà, per luogo di lavoro, tutelato dalla normativa antinfortunistica, deve intendersi qualsiasi posto in cui
il lavoratore acceda, anche solo occasionalmente, per svolgervi le mansioni affidategli, e che nella ratio della normativa
antinfortunistica, il riferimento ai "luoghi di lavoro" ed ai "posti di lavoro" non puo' che riguardare qualsiasi posto nel
quale concretamente si svolga l'attività lavorativa.
Nel caso di specie, non v'è dubbio che lo stabilimento ed i manufatti della …omissis… fossero divenuti per
il …omissis… "luogo di lavoro", sia pure per il breve lasso di tempo necessario per eseguirvi gli accertamenti
commissionatigli dal datore di lavoro, nel senso inteso dalla richiamata normativa, e che allo stesso, nello
svolgimento di tale incarico, avrebbe dovuto esser assicurata la disponibilità delle misure di sicurezza necessarie
ad evitare che rimanesse vittima di infortuni. In particolare, di quelle misure dirette ad evitare cadute dall'alto,
essendo ben chiaro che la verifica delle modalità di smantellamento degli impianti della predetta società, sia pure
al solo fine di predisporre un preventivo di spesa, implicava interventi in quota ed in condizioni di precaria stabilità,
come peraltro attestato dal ricorso alle scarpe antinfortunistiche. Misure che, peraltro, non necessariamente avrebbero
dovuto essere rappresentate da impalcature o da altre tra le strutture indicate nel Decreto del Presidente della Repubblica
n. 547 del 1955, articolo 27 ma che ben avrebbero potuto esser di diversa natura, purchè idonee ad evitare cadute. Si sarebbe,
ad esempio, potuto ricorrere, in un contesto di doverosa verifica dei rischi connessi con il richiamato incarico e di
aggiornamento delle conseguenti misure di protezione (cui si fa anche corretto riferimento nel capo d'imputazione
attraverso il richiamo all'articolo 4, comma 5, lettera b), all'uso di piattaforme mobili autotrasportate o di cinture
di sicurezza; misure di carattere generale ed imperativo che devono obbligatoriamente essere adottate in tutti i casi
i cui il lavoratore sia esposto ai rischi di caduta dall'alto.
Nè si presenta coerente con le emergenze probatorie in atti sostenere, come fa il giudice del gravame,
che non fosse ipotizzabile l'esigenza di portarsi sulla copertura della cella frigorifera, laddove il lavoratore
ha chiaramente spiegato che a ciò egli si era determinato al fine di verificare i tipi di fissaggio della copertura
stessa; accertamento evidentemente connesso con la individuazione degli interventi da effettuare per eseguire lo
smontaggio del manufatto, e dunque per stilare un preciso preventivo di spesa. In ogni caso, come già sopra rilevato,
la stessa presenza delle scarpe antiscivolo si presenta indicativa della consapevolezza della necessità di dovere
accedere, in condizioni di precario equilibrio, su postazioni sopraelevate; cosi' come a tal fine significativa è
anche la presenza, segnalata nella sentenza impugnata, di una scala metallica portatile di cui il lavoratore,
secondo il giudice del gravame, era stato munito. Mentre del tutto assertiva è l'osservazione dello stesso giudice
secondo cui, per le verifiche relative ai sistemi di fissaggio della copertura della cella frigorifera, sarebbe stato
sufficiente giungere all'altezza della stessa copertura sol utilizzando detta scala. Osservazione, quest'ultima, con
la quale il giudice del gravame sembra voler sostenere, in termini di evidente illogicità, che per evitare qualsiasi
rischio di caduta sarebbe bastato che il …omissis… si fosse fermato in piedi sulla scala mobile una volta giunto ai
5 metri di altezza della copertura. Osservazione manifestamente illogica, laddove lo stesso giudice non ha considerato
che la precarietà dell'appoggio fornito dalla scala, il precario equilibrio nel quale si trova chi l'adopera e la
notevole altezza alla quale il lavoratore doveva comunque giungere per le necessarie verifiche, ponevano già a considerevole
rischio l'operaio, chiaramente ed ancor più esposto al pericolo di cadute.
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