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L'Azienda Sicura: Lezioni di Salute e Sicurezza sul Lavoro a cura di Renzo Rivaltaultimo aggiornamento delle lezioni: 25/10/2015Lezione 20
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Si pone un problema lessicale di non poco conto perchè il Codice attribuisce un significato diverso a parole che sono normalmente utilizzate come sinonimi (le frasi "siamo a rischio" o " siamo in pericolo" nel linguaggio comune sono sostanzialmente analoghe). Cerchiamo quindi di dirimere il rompicapo. Per fare ciò è utile analizzare alcuni articoli del Codice.
L'articolo 17 del Codice pone in capo al Datore di Lavoro la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28 (cosiddetto "documento di valutazione dei rischi"), obbligo che il datore di lavoro non può delegare a nessuno.
L'articolo 29 prevede le modalità di effettuazione della valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro prescrivendo che Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente e che dette attività sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Il datore di lavoro, per avviare la valutazione dei rischi ed avvalersi dei propri consulenti, deve (Art. 18, c. 2) fornire preventivamente al Servizio Prevenzione e Protezione e al Medico Competente determinate informazioni. In particolare deve dare notizia circa:
a) la natura dei rischi;
b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
Da questi primi indizi emerge chiaramente la volontà del Codice di rendere il datore di lavoro il primo promotore di sicurezza in azienda. Egli deve avviare il processo e fornire a tutti i suoi collaboratori le necessarie informazioni utili a prosieguo della attività.
Secondo l'analogia che abbiamo utilizzato, nella costruzione della nostra casa questa attività sarebbe corrispondente a quella che il committente attua nel dare le indicazioni necessarie ai progettisti per la redazione del progetto.
Successivamente, secondo quanto previsto all'articolo 33 in merito ai compiti del servizio prevenzione e protezione, questo deve provvedere all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale.
Ricapitoliamo: secondo il Codice il datore di lavoro deve valutare i rischi senza poter delegare a nessuno tale attività (art. 17). Però deve avvalersi (art. 29) del RSPP e del MC ai quali deve fornire informazioni in merito alla natura dei rischi (art. 18, c.2). Il servizio prevenzione e protezione deve individuare i fattori di rischio e provvedere alla valutazione dei rischi (art. 33).
Osserviamo come vi sia una apparente contraddizione negli articoli del Codice. Sorge spontanea una domanda: come può il datore di lavoro fare la valutazione dei rischi senza delegarla a nessun altro soggetto e, contemporaneamente, farla fare al servizio prevenzione e protezione?
Non possiamo pensare che il Codice cada in una contraddizione così banale, per cui abbiamo necessità di capire meglio taluni concetti. La risposta alla domanda la troveremo proseguendo la lettura.
Cominciamo col chiederci: Cosa intende il Codice per rischio o per natura dei rischi o ancora per fattori di rischio?
Come spesso accade, per comprendere appieno alcuni termini, dobbiamo far ricorso all'etimologia che è quella disciplina che studia la storia della parola al fine di comprenderne il senso più profondo. Per il momento non entriamo nel dettaglio della parola "rischio" (ne parleremo in dettaglio più avanti) ma ci limitiamo a comprendere la differenza tra la locuzione "fattore di rischio" e la locuzione "natura del rischio", il che ci porta ad analizzare le parole "fattore" e "natura".
Il termine "fattore" deriva dal latino facto res ovvero costruttore di cose. Quindi con il termine "fattore di rischio" deve intendersi una certa entità in grado di costruire il rischio.
Il termine "natura" deriva dalla composizione latina del tema nàt-us participio passato di nàsci che significa nascere, e dal suffisso del participio futuro ùrus-a, e, letteralmente “quella che è per generare”. Quindi con il termine "natura del rischio" deve intendersi una certa entità in grado di generare il rischio.
E' del tutto evidente che le due locuzioni "costruttore del rischio" e "generatore del rischio" siano del tutto analoghe. Quindi possiamo concludere che le due entità a cui le locuzioni si riferiscono sono la stessa cosa.
Questa entità prende il nome di Pericolo. Quindi il pericolo deve intendersi per il Codice ciò che costruisce o genera il rischio. Prendiamo questa affermazione per buona, senza spiegarla ulteriormente. Capiremo meglio più avanti. Quello che conta comprendere al momento è che, secondo il Codice, il concetto di "pericolo" si differenzia dal concetto di "rischio" e che, in qualche modo il "rischio" è generato (costruito) dal "pericolo".
Quindi ricapitolando secondo il Codice il datore di lavoro deve valutare i rischi senza poter delegare a nessuno tale attività, avvalendosi del RSPP e del MC ai quali deve fornire informazioni in merito ai pericoli presenti in azienda. Il servizio prevenzione e protezione ed il medico competente devono individuare ulteriori pericoli, segnalarli al datore di lavoro, e provvedere alla valutazione dei rischi. Con tale chiave di lettura le relazioni fra datore di lavoro, RSPP e MC sono più chiare.
Il Codice definisce per la prima volta (art. 2, c.1, lett. r) "pericolo" la proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni. Questo significa che il pericolo, è un costruttore del rischio in quanto possiede la "potenzialità" di causare un "danno".
Per definire il pericolo in modo compiuto è necessario capire a chi o a che cosa il pericolo è indirizzato, cioè è necessario individuare l’oggetto del pericolo. Nel caso della salute e sicurezza sul lavoro l'oggetto del pericolo è "il lavoratore". In secondo luogo è necessario individuare ogni elemento naturale o artificiale che, per sua stessa natura o per effetto di attività interferenti ha la potenzialità intrinseca ove si verifichi una successione completa di eventi sfavorevoli di causare un danno al lavoratore.
Definiremo quindi pericoli quegli elementi naturali o artificiali che hanno la potenzialità intrinseca di generare un danno ad un lavoratore.
Occorre osservare come nella definizione di pericolo il Codice introduca (senza definirlo) un nuovo elemento: il "danno". Possiamo definire "danno" il deterioramento di un oggetto in seguito ad uno o più eventi che ne determinano il raggiungimento del livello potenziale. Nel nostro caso il danno è arrecato alla salute del lavoratore e si verifica una volta che viene raggiunta un certo livello che viene definito livello potenziale di danno.
E' evidente che non tutti gli eventi sono tali da far raggiungere il livello potenziale di danno. Una piccola biglia che cade sul piede non provoca il raggiungimento del livello potenziale di danno che è invece raggiunto dal medesimo evento che provoca la caduta di un oggetto molto pesante.
Dopo aver introdotto il concetto di Pericolo e il concetto di danno analizziamo la definizione di rischio.
Secondo il Codice (art. 2, c.1, lett. r) il rischio è rappresentato dalla probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.
Proviamo a spiegare. Osserviamo innanzi tutto che contiene alcuni concetti che abbiamo trattato, come ad esempio il livello potenziale del danno, e alcuni concetti nuovi come ad esempio la probabilità di raggiungimento di tale livello potenziale del danno.
Cerchiamo di definire meglio il concetto di probabilità. Ogni lavoratore, nella sua attività quotidiana, è esposto ad un numero imprecisato di pericoli, ma questo, di per se, non significa che si verifichi , ad ogni esposizione, un evento sfavorevole che produce un danno al lavoratore. Inoltre, in generale, per raggiungere il livello potenziale di danno correlato a quel pericolo, non si deve parlare di un solo evento , ma di una successione sfavorevole di eventi. In questa trattazione diremo che si raggiunge il livello potenziale di rischio qualora si verifichi una successione completa di eventi sfavorevoli.
Il verificarsi degli eventi sfavorevoli è funzione delle lacune nei sottosistemi di gestione della sicurezza aziendale. Se si analizza il sottosistema di gestione della formazione aziendale è assai probabile che il risultato della formazione abbia prodotto delle lacune ad esempio perché l’argomento specifico non è stato trattato o non è stato correttamente recepito o perché non è stato sufficientemente approfondito. Pure nel sottosistema di gestione dell'addestramento possono essere presenti delle lacune dovute ad esempio alla scarsa attenzione o alla mancata verifica pratica di taluni lavoratori. Il sottosistema di manutenzione dei dispositivi di sicurezza può presentare lacune perché, ad esempio, è stata rinviata la manutenzione dei dispositivi per carenze economiche. Il sottosistema di gestione delle comunicazioni aziendali può presentare lacune, ma anche il lavoratore può presentare lacune perché ad esempio soggetto a cure che prevedono l’assunzione di farmaci che diminuiscono la soglia di attenzione o perché sottoposto a turni di lavori prolungati che determinano calo di concentrazione.
Si potrebbero indagare un numero rilevante di sottosistemi identificando, per ognuno, elementi di criticità che diremo lacune. Si avranno così lacune formative, tecnologiche, di comunicazione, umane che rientrano tutte in una sola classe che chiamiamo classe delle lacune di sistema anche dette più sinteticamente lacune organizzative.
In genere l’errore umano è l’ultimo di una catena di errori o lacune di tipo organizzativo. Il raggiungimento del livello potenziale del danno si ha quando si centrano tutte le lacune dei vari sottosistemi compreso l’errore umano che è l’ultimo in ordine temporale. E’ questo il motivo per cui oggi si comincia a discutere se l’errore umano non sia da intendersi quale errore organizzativo. In genere così è quando si verifica la cosiddetta successione completa di eventi sfavorevoli o allineamento delle lacune.
Stimare la probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego implica valutare le lacune nei sottosistemi ed individuare la possibilità del loro allineamento. L’indice con cui è possibile rappresentare tale stima è detto probabilità di allineamento delle lacune o più semplicemente probabilità. La probabilità sarà tanto più alta quanto più è possibile l'allineamento delle lacune ovvero quanto più è possibile il verificarsi dell'evento che determina il livello potenziale di danno. Si precisa che il concetto di probabilità è molto più ampio e attiene alle scienze statistiche e probabilistiche che naturalmente non sono trattate in questo contesto. Per il momento accontentiamoci di comprendere che quando ci riferiamo alla probabilità si intende dare un valore alla probabilità che si verifichi un evento dannoso.
Riprendiamo la definizione di rischio che fornisce il Codice: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.
Come si è visto in precedenza un determinato pericolo, che ha la potenzialità intrinseca di causare un danno ad un lavoratore, nel caso di alta probabilità di allineamento delle lacune, può provocare effettivamente un danno ovvero, assume una potenzialità manifesta, quantificabile, stimabile, monetizzabile, di provocare un danno.
Possiamo quindi concludere che il rischio rappresenta la potenzialità manifesta di un pericolo a causare un danno al verificarsi dell’allineamento delle lacune.
Il Rischio quindi dipende dalla probabilità che si allineino tutte le lacune, ma anche dal livello potenziale di danno e dalla sua entità. Se ipotizziamo che l'allineamento delle lacune sia molto probabile (e quindi ipotizzando che si verifichi l'evento) occorre valutare l'entità del livello potenziale di danno. In questo caso di alta probabilità del verificarsi dell'evento prendiamo in considerazione i due estremi:
1) livello potenziale di danno molto basso;
2) livello potenziale di danno molto alto.
Nel primo caso ci troviamo di fronte ad un evento estremamente probabile che, però, produce un danno lieve, quasi trascurabile. Il Rischio correlato a quel pericolo è certamente basso in quanto non produce sostanziali effetti sulla salute. Pensiamo per esempio alla esposizione di un lavoratore ad un rumore di intensità inferiore al valore inferiore di azione (non pericoloso per la salute). In tal caso la probabilità della esposizione all'agente "rumore" è molto alta, ma il danno correlato è molto basso, per cui il rischio sarà "basso accettabile".
Nel secondo caso ci troviamo di fronte ad un evento estremamente probabile che produce un danno molto alto e sostanziali effetti sulla salute. Pensiamo per esempio alla presenza di un lavoratore in un cantiere edile ove vi è alta probabilità di caduta di piccoli oggetti (mattoni, martelli, spezzoni di ferro, ecc.) dall'alto. Il danno correlato è certamente molto elevato ove il lavoratore venga colpito sul capo. La probabilità della esposizione al fattore "caduta piccoli oggetti dall'alto" è molto alta così come molto alto è il danno correlato. In tal caso il rischio sarà "alto non accettabile" e occorre necessariamente adottare opportuni provvedimenti. Uno di questo è senza alcun dubbio l'obbligo di indossare un elmetto protettivo che diminuisce il danno. Tali provvedimenti prendono il nome di misure preventive e protettive di cui parleremo più avanti nella lezione successiva.
In conclusione possiamo dire che il rischio dipende sia dalla probabilità che si verifichi un evento che dalla entità del danno correlato al verificarsi di quell'evento.
Si procedere alla valutazione dei rischi secondo procedure ben definite che prevedono tre fasi:
- l’individuazione del pericolo
- l’analisi del pericolo e valutazione della potenzialità manifesta ovvero la valutazione del rischio
- la valutazione sulla possibilità di eliminare o ridurre i rischi. (di questa fase si parlerà nella lezione successiva)
L’individuazione dei pericoli si esegue mediante sopralluoghi in tutti gli ambienti di lavoro ed identificazione dei lay-out, mediante l’identificazione del ciclo produttivo, delle attività svolte e delle mansioni dei lavoratori con incontri mirati con i lavoratori ed i loro rappresentanti, mediante l’identificazione delle zone di lavoro ove sussistono rischi particolari e specifici, mediante l’identificazione dei pericoli connessi alle macchine ed attrezzature, agli impianti. Particolare attenzione dovrà essere posta alla identificazione di sostanze o preparati pericolosi in uso o di agenti di rischio fisici, chimici, biologici. Sarà necessario individuare le problematiche d’igiene del lavoro relative a locali di lavoro, servizi e similari e accertarne la loro rispondenza alle norma di legge e norme di buona tecnica relative all’attività.
L’analisi del pericolo si basa sulla identificazione, raccolta, analisi delle fonti informative ed esame della documentazione disponibile, al fine di fare emergere un chiaro quadro sulla ubicazione del pericolo e sulle potenzialità manifeste del pericolo e quindi sulle possibili entità del danno, a cui deve essere aggiunta una analisi medica sui possibili effetti e conseguenze del danno ricevuto.
Tre sono i metodi più usati di valutazione del rischio:
- il metodo algoritmico-strumentale (o metodo deterministico)
- il metodo algoritmico-soggettivo (o metodo semi soggettivo)
- il metodo empirico (o metodo soggettivo)
Tale metodo prevede la valutazione del rischio attraverso precise misurazioni degli effetti della fonte del rischio (pericolo). Si pensi ad esempio alla valutazione del rumore o delle vibrazioni dove, con l'ausilio di specifici apparecchi, si misura rispettivamente la pressione sonora (con il fonometro integratore) e l'accelerazione (con l'accellerometro), valori che, misurati secondo opportuni criteri fissati da specifiche norme UNI vengono immessi in algoritmi (formule matematiche) la cui elaborazione determina uno o più valori che sono indice del valore del rischio. Tali valori saranno da confrontare con opportuni valori limite di rischio definiti dalla legge la quale, in base alla classe di rischio determina anche le conseguenti misure da adottare. In tal caso la bontà della valutazione dipende quasi esclusivamente dalla capacità dell'operatore di interpretare le varie fasi lavorative e le relative esposizioni al fine di ottenere dei valori misurati corretti. Rientrano in tale metodo tutte le valutazioni dei rischi che si ottengono attraverso misurazioni di tipo strumentale come la valutazione del rischio radiativo, elettromagnetico, microclimatico, cancerogeno, ecc., ivi compresa la valutazione del rischio chimico quando si rendono necessarie misurazioni ambientali anche combinate ad accertamenti sanitari.
In tale metodo i concetti di probabilità e danno sono implicitamente contenuti all'interno delle formule matematiche che elaborano i dati ottenuti con le misurazioni.
Tale metodo si differenzia dal precedente per il fatto che i dati necessari alla elaborazione algoritmica (i dati da utilizzare nelle formule matematiche) non provengono da misurazioni ma devono essere opportunamente reperiti dal valutatore la cui discrezionalità può influenzare pesantemente il risultato finale. E' il caso ad esempio della valutazione del rischio chimico attraverso l'elaborazione dei dati desunti dalle schede di sicurezza dei prodotti chimici combinati con i tempi di esposizione durante le lavorazioni, ovvero della valutazione del rischio da movimentazione manuale dei carichi (metodo NIOSH) o della valutazione da movimenti ripetitivi (metodo OCRA) o ancora dalla valutazione del rischio da stress lavoro correlato, ecc. In tali casi il valutatore deve prestare molta attenzione alla corretta interpretazione di tutte le variabili del sistema produttivo aziendale. Si pensi ad esempio al metodo NIOSH dove per una corretta elaborazione del risultato occorre valutare e scindere i vari movimenti che gli operatori compiono durante una fase di sollevamento ivi compreso la presenza di torsioni del busto, ecc., avendo cura di valutare per ogni movimento distanze e angoli.
Anche per tale metodo i concetti di probabilità e danno sono implicitamente contenuti all'interno delle formule matematiche che elaborano i dati raccolti dall'operatore.
Si può dire che per la natura propria e per la sostanziale facilità di utilizzo tale metodo è senza dubbio il più usato anche se il criterio non deve essere sottovalutato perchè può portare a risultati molto diversi a seconda dei diversi valutatori.
Esso si basa sulla valutazione soggettiva dell'operatore il quale, analizza un pericolo e attribuisce un valore alla probabilità che si verifichi un evento ed un valore alla presunta entità del danno correlato. Si pensi ad esempio al pericolo di inciampo in un corridoio per la presenza di uno scalino. Il valore da attribuire al verificarsi dell'evento dipende certamente dal numero di persone che transitano lungo il corridoio, ma anche dalla visibilità dell'ostacolo, dall'illuminazione e da ogni altro elemento presente utile alla percezione dello scalino. E' evidente che se il corridoio fosse completamente buio si avrebbe un'alta probabilità di accadimento dell'evento (la persona che inciampa), probabilità che diminuisce con l'aumento dell'illuminazione e con la diminuzione dei passaggi. Una volta attribuito il valore alla probabilità occorre domandarsi quale danno può determinare il verificarsi dell'evento. Anche il danno dipenderà da contesto, dalla presenza di ulteriori ostacoli contro cui potrebbe impattare la persona che inciampa, ecc. E' evidente che l'attribuzione di tali valori dipende esclusivamente dalla sensibilità ed esperienza del valutatore. Risulta poi necessario dotarsi di valori numerici da attribuire alla probabilità stimata e al danno stimato che corrispondono, rispettivamente, a specifiche classi di probabilità e di danno.
Una volta attribuiti i valori di probabilità e di danno questi devono essere combinati fra loro per determinare il valore del rischio, valore che deve essere decodificato in azioni da compiere. Due sono gli algoritmi più usati per determinare il valore del rischio:
- algoritmo iperbolico dove il valore del rischio viene determinato con la seguente formula
R = P x D
- algoritmo lineare dove il valore del rischio viene determinato con la seguente formula
R = P + D - 1
dove
P = valore della probabilità
D = valore del danno
R = valore del rischio
Cerchiamo di analizzare meglio le due formule. Attribuendo valori numerici interi (1, 2, 3, ..., ma mai nulli) alla probabilità e al danno si può vedere che per rappresentarle in un grafico occorrerebbe uno spazio tridimensionale (tre sono le variabili P, D, R), ma così facendo si avrebbero enormi complicazioni di lettura del grafico. La cosa diventa molto più semplice se andiamo a ricercare in un grafico in due dimensioni (secondo le variabili P e D) le curve dove il valore del rischio è costante.
Le curve del rischio costante per l'algoritmo iperbolico
Ipotizzando che il valore del rischio sia costante si avrà:
R = Kost
E' quindi possibile trasformare l'algoritmo iperbolico come segue:
D = Kost / P
ad esempio prendendo R=Kost=6, avremo
D = 6 / P
Ovvero il valore del danno è inversamente proporzionale al valore della probabilità a meno di una costante. Se tracciamo un grafico attribuendo al valore della probabilità valori numerici interi (1, 2, 3, ..., ma mai nulli) otteniamo il seguente (nell'esempio utilizzato otteniamo la curva a rischio costante R6):
Tutte le curve rappresentate (iperbole parallele) sono caratterizzate da valori di rischio costante. Come è possibile verificare avremo che la curva a rischio costante R=6 passa per i punti P=3 e D=2 ma anche per i punti P=2 e D=3. Così anche la curva a rischio R=16 passa per i punti P=4 e D=4 e la curva a rischio R=36 passa per i punti P=6 e D=6.
Le curve del rischio costante per l'algoritmo lineare
Ipotizzando che il valore del rischio sia costante si avrà:
R = Kost
E' quindi possibile trasformare l'algoritmo lineare come segue:
D = Kost - P + 1
ad esempio prendendo R=Kost=4, avremo
D = 4 - P + 1
e quindi
D = 5 - P
tracciando il grafico attribuendo al valore della probabilità valori numerici interi (1, 2, 3, ..., ma mai nulli):
Tutte le curve a rischio costante (che in realtà sono delle rette e per questo l'algoritmo è detto lineare) sono caratterizzate da valori di rischio costante. Come è possibile verificare avremo che la curva (o retta) a rischio costante R=4 passa per i punti P=3 e D=2 ma anche per i punti P=2 e D=3 e per i punti P=1 e D=4. Così anche la curva a rischio R=6 passa per i punti P=5 e D=2 e per i punti P=1 e D=6.
Il significato delle curve di rischio costante
Abbiamo visto che il valore del rischio cambia al variare del valore di probabilità e danno, tuttavia è possibile che particolari combinazioni di probabilità e di danno forniscano un valore di rischio uguale. Ad esempio se prendiamo P=3 e D=2 avremo, con l'algoritmo lineare un valore di rischio R=3+2-1=4. Tale rischio si ottiene anche con la coppia di valori P=1 e D=4 oppure con la coppia di valori P=4 e D=1. Dal punto di vista matematico questo è molto chiaro. Dal punto di vista della valutazione dei rischi si assume convenzionalmente che, ove due rischi diversi assumono un valore matematico uguale, ad essi corrisponde un ugual livello di rischio. In sostanza due rischi hanno lo stesso livello di rischio anche se caratterizzati da valori di probabilità e danno diversi, purchè il valore di rischio calcolato con l'algoritmo iperbolico o con quello lineare fornisca lo stesso valore. Con tale convenzione assume significato parlare di curva di rischio costante in quanto tutti i punti (caratterizzati da coppie di valori P e D) che si trovano su tale curva presentano livello di rischio uguale.
I valori di P e D - le convenzioni
Come si è avuto modo di capire il metodo empirico, nella sua semplicità, necessita di valori numerici elaborati dall'algoritmo iperbolico o in quello lineare. Per l'utilizzo corretto di tali valori numerici si rende necessario stabilire una convenzione. Utilizzando l'algoritmico iperbolico si utilizzeranno le seguenti convenzioni:
valore | Significato |
---|---|
1 | La mancanza rilevata può provocare un danno per la concomitanza di più eventi poco probabili indipendenti. Non sono noti episodi già verificatisi. Il verificarsi del danno susciterebbe incredulità. |
2 | La mancanza rilevata può provocare un danno solo in circostanze sfortunate di eventi. Sono noti solo rarissimi episodi già verificatisi. Il verificarsi del danno ipotizzato susciterebbe grande sorpresa. |
3 | La mancanza rilevata può provocare un danno, anche se non in modo automatico o diretto. E' noto qualche episodio in cui la mancanza ha fatto seguito il danno. Il verificarsi del danno ipotizzato, susciterebbe una moderata sorpresa in azienda. |
4 | Esiste una correlazione diretta tra la mancanza rilevata e il verificarsi del danno ipotizzato per i lavoratori. Si sono verificati danni per la stessa mancanza rilevata nella stessa azienda o in aziende simili o in situazioni operative simili. Il verificarsi del danno conseguente la mancanza rilevata non susciterebbe alcun stupore in azienda. |
valore | Significato |
---|---|
1 | Infortunio o episodio di esposizione acuta con inabilità rapidamente reversibile. Esposizione cronica con effetti rapidamente reversibili. |
2 | Infortunio o episodio di esposizione acuta con inabilità reversibile. Esposizione cronica con effetti reversibili. |
3 | Infortunio o episodio di esposizione acuta con effetti di invalidità parziale. Esposizione cronica con effetti reversibili e/o effetti parzialmente invalidanti. |
4 | Infortunio o episodio di esposizione acuta con effetti letali o di invalidità totale. Esposizione cronica con effetti letali e/o totalmente invalidanti. |
Risulta chiaro che l'utilizzo dei diversi valore (che per l'algoritmo iperbolico vanno da 1 a 4) dipende dalla sensibilità e dalla valutazione dell'addetto ed che il risultato finale R=PxD viene ad essere da questi enormemente influenzato. Per la decodifica del risultato del Rischio si utilizza, nell'algoritmo iperbolico la seguente convenzione:
Valore | Significato |
---|---|
1 | Rischio accettabile - Nessun intervento. |
da 2 a 4 | Rischio accettabile - Azioni preventive e/o migliorative da programmare nel lungo termine. |
da 5 a 8 | Rischio Tollerabile - Azioni preventive necessarie da programmare nel medio periodo. |
maggiore di 8 | Rischio Non accettabile - Azioni preventive necessarie ed indilazionabili. |
Utilizzando l'algoritmico lineare (R=P+D-1) si utilizzeranno le seguenti convenzioni:
valore | Significato |
---|---|
fino a 2 | Livello IMPROBABILE. La mancanza rilevata può provocare un danno solo per la concomitanza di più eventi indipendenti poco probabili. Non sono noti episodi già verificatisi. Il verificarsi del danno suscita incredulità |
da 2 a 3 | Livello POCO PROBABILE. La mancanza rilevata può produrre un danno solo in circostanze sfortunate d’eventi. Sono noti rari episodi già verificatisi. Il verificarsi del danno suscita sorpresa. |
da 3 a 4 | Livello PROBABILE. La mancanza può provocare un danno, anche se non in modo automatico o diretto. Sono noti episodi in cui alla mancanza è seguito il danno. Il verificarsi del danno suscita una qualche sorpresa in azienda. |
da 4 a 6 | Livello MOLTO PROBABILE. Esiste una relazione diretta tra la mancanza ed il verificarsi del danno per i lavoratori. Si sono verificati danni, per la medesima mancanza, rilevati nella stessa azienda o in aziende simili. Il verificarsi del danno non suscita sorpresa. |
valore | Significato |
---|---|
fino a 2 | Livello del Danno LIEVE. Infortunio o episodio di esposizione acuta con inabilità rapidamente reversibile. Esposizione cronica con effetti rapidamente reversibili. Sono presenti sostanze o preparati moderatamente nocivi. |
da 2 a 3 | Livello del Danno MEDIO. Infortunio o episodio d’esposizione acuta con invalidità reversibile. Esposizione cronica con effetti invalidanti reversibile. |
da 3 a 4 | Livello del Danno GRAVE. Infortunio o episodio d’esposizione acuta con possibili effetti d’invalidità parziale. Esposizione cronica con effetti irreversibili e/o parzialmente invalidanti. |
da 4 a 6 | Livello del Danno GRAVISSIMO. Infortunio o episodio d'esposizione acuta con possibili effetti letali o d'invalidità grave e permanente. Esposizione cronica con effetti letali e/o totalmente invalidanti.. |
Per la decodifica del risultato del Rischio con l'algoritmo lineare si utilizza la seguente convenzione:
valore | Significato |
---|---|
fino a 3 | Rischio accettabile. Non sono richieste particolari azioni di mitigazione, in alcuni casi può essere possibile valutare interventi in fase di programmazione. |
da 3 a 4 | Sono da valutare azioni di mitigazione in fase di programmazione nel medio periodo. Rischio accettabile solo con azioni di continuo monitoraggio |
da 4 a 5 | Rischio Non accettabile. Monitorare costantemente il rischio valutando la possibilità d’interventi di mitigazione nel breve periodo. |
da 5 a 6 | Rischio Non accettabile. Azioni di mitigazione necessarie. |
da 6 a 11 | Rischio Non accettabile. Azioni di mitigazione indispensabili e indilazionabili. |
Quale algoritmo scegliere
Ambedue gli algoritmi sono ugualmente validi e possono essere utilizzati indifferentemente. L'algoritmo iperbolico è più aderente alla scienza statistica in quanto utilizzando valori di probabilità o danno nulli (uguali a zero) l'algoritmo fornisce un valore di rischio nullo e quindi non accettabile. Questo non accade quando si utilizza l'algoritmo lineare che potrebbe dare valori non nulli di rischio anche con un valore di danno o probabilità nullo. Ad esempio P=0 e D=4 si avrà R=0+4-1=3. Se si vuole utilizzare l'algoritmo lineare sarà sufficiente porre la condizione che la probabilità e il danno siano sempre diversi da zero. Infine si sottolinea come l'algoritmo lineare preveda valori maggiormente frazionati (e quindi la valutazione potrebbe risultare più raffinata) e un incremento lineare del rischio al crescere contemporaneo di probabilità e danno.
Le curve del Rischio accettabile
Come si è visto se si utilizza l'algoritmo iperbolico il valore accettabile del rischio è pari a 4, mentre se si usa l'algoritmo lineare il valore accettabile del rischio è pari a 3. Pertanto, per l'algoritmo iperbolico la curva di rischio costante pari a 4 e per l'algoritmo lineare la retta di rischio costante pari a 3 sono dette curve del rischio accettabile. Tali curve, nei rispettivi grafici (P, D) dividono il piano in due aree di cui quelle sottese dalla curva sono dette aree di rischio accettabile.
Algoritmo iperbolico
Algoritmo lineare
E' evidente che un punto che si trova al di fuori di tali aree è caratterizzato da un valore di rischio non accettabile per il quale occorre prendere provvedimenti al fine di renderlo accettabile.
Parleremo successivamente nella prossima lezione dei provvedimenti che occorre prendere per rendere il rischio accettabile. Preme tuttavia anticipare alcuni concetti attinenti alla valutazione del rischio. Immaginiamo di aver valutato un rischio e di trovarci in una condizione di rischio non accettabile.
Possiamo riportarci nell'area del rischi accettabili attraverso misure che diminuiscono il danno: in tal caso si parla di misure di protezione. Oppure possiamo riportarci nell'area del rischio accettabile attraverso la diminuzione della probabilità: in tal caso si parla di misure di prevenzione.
Quando si adottano contemporaneamente misure che diminuiscono la probabilità ed il danno si parla di misure di prevenzione e protezione. E' evidente che per mitigare un rischio è sempre indispensabile valutare in via prioritaria la diminuzione della probabilità e quindi l'adozione di misure di prevenzione. Solo quando non si è in grado di diminuire la probabilità si adotteranno misure per diminuire il danno, ovvero misure di protezione. Occorre porre molta attenzione quando si impone l'uso di un dispositivo di protezione individuale perchè il lavoratore è esposto ad un rischio il cui evento è estremamente probabile.
Convenzionalmente si raggruppano i rischi in due grandi classi:
1 - la classe dei rischi generati da pericoli che presentano una potenzialità manifesta di provocare un danno riconducibili ad elementi tecnologici attinenti ai luoghi di lavoro;
2 – la classe dei rischi generati da pericoli che presentano una potenzialità manifesta di provocare un danno riconducibili allo svolgimento di una precisa mansione.
Più semplicemente si parlerà di rischi dei luoghi e di rischi della mansione.
I rischi dei luoghi saranno pertanto generati da tutti i pericoli dei luoghi comprendendo tutti i pericoli che provengono dal contenitore o area territoriale, ivi comprese gli impianti, le apparecchiature e le attrezzature fisse, i depositi, e quant’altro presente, che possono avere una potenzialità manifesta del raggiungimento del livello potenziale di danno indipendentemente dalle azioni dei lavoratori.
I rischi della mansione saranno generati da tutti i pericoli che provengono dallo svolgimento di una data attività o da specifiche azioni dei lavoratori, ivi compreso l’uso di mezzi, attrezzature e agenti in genere.
Nella prossima lezione parleremo delle misure di prevenzione e protezione come nucleo centrale del progetto della sicurezza aziendale.
Per saperne di più consultare la sezione pubblicazioni.